Chi scegliamo di essere?
Chi siamo costretti a essere?
Sono questi i due punti interrogativi che mi sono posto nella lettura di “Passeggiata nella notte” di Elena R. Marino. La protagonista, Sofia, è una donna spezzata, una donna che è divisa tra la giustizia e la felicità, tra la famiglia e l’amor proprio.
Il romanzo di Sofia si apre nel giorno del suo trentesimo compleanno. Passa la serata con il suo compagno segreto, fa troppo tardi, non riesce in tempo a prendere l’ultimo treno. Non riesce in tempo a tornare dai suoi figli, e quando torna i suoi figli non ci sono più; sono andati, sono scappati, sono fuggiti nella notte, da quella parvenza di equilibrio. Sofia è una donna che non ha più tempo: tempo per essere donna, tempo per essere una giusta madre, tempo per scegliere chi essere. Le è stato rubato, viene costretta a essere qualcos’altro, dal suo ex marito, dai suoi ex suoceri, dalla sua vita. E sopravvive in modo passivo, tra le violenze esplicite e implicite, manipolazioni e compromessi. Sofia ricerca aria, tempo, respiro. Ricerca Sofia, la vera, in questa interminabile passeggiata nella notte dell’essere.
Elena R. Marino è al suo esordio narrativo con questo romanzo, “Passeggiata nella notte”, con le sue pagine personali, private, introspettive. Rivedo in lei le scrittrici del Novecento, Alba De Céspedes, Natalia Ginzburg, donne che volevano semplicemente essere e hanno lottato per essere. Sofia è sulla stessa linea di queste donne, si segue nel suo romanzo il suo percorso di rinascita e crescita, un percorso per riappropriarsi del suo nome. Incuriosito da questo personaggio, sono andato a cercare il significato onomastico di Sofia. Deriva dal greco “sophia”, con significato di sapienza, saggezza. La Sofia del romanzo non appare inizialmente saggia, sapienza, cosciente. Nella sua testa, le Sofie si confondono, si sovrappongono, a causa di nebulose di interrogativi, a causa di quelle due contrastanti domande:
Chi scelgo di essere? Chi sono costretta a essere?
Sofia spezza nella passeggiata di notte queste nebulose, vuole essere la sua alba, la sua saggezza, sapienza. Vuole essere la sua Sofia. Riuscirà, quindi, a farcela? Sta a te, lettore, scoprirlo, ma voglio concederti un estratto dal primo capitolo del romanzo, per darti un anticipo del percorso della protagonista-creazione di Elena R. Marino. Le radici di una vita costretta legano i piedi di Sofia, la legano a un bitume, a un senso di soffocamento, a qualcosa che non vuole essere; ma lei combatte, lei resiste, per camminare sopra le radici.
“ADESSO CHE CAMMINAVO SOPRA LE RADICI, PERÒ, LE AVEVO NOTATE, E NON RIUSCIVO PIÙ A TOGLIERMELE DALLA TESTA: QUESTA SENSAZIONE IMPROVVISA DEL PUNTO DI VISTA DI UN ALBERO, DAL BASSO O DALL’ALTO, DALLE RADICI O DALLA
CHIOMA, COME SE MI SI SCIOGLIESSERO LE GINOCCHIA E LA PAVIMENTAZIONE URBANA MI ARRIVASSE AI DENTI E AGLI OCCHI, NELLA VERTIGINE DELL’ISTANTE POCO PRIMA DELL’IMPATTO, OPPURE COME SE TUTTO SI TROVASSE AI MIEI PIEDI, MENTRE AGOGNAVO IL CIELO IN MEZZO A PARETI SCURE E ALTISSIME, DI VETRO E CEMENTO. LA CITTÀ NON MI SEMBRAVA NIENTE PIÙ DI UNO STRATO DI BITUME SOPRA UNA MATERIA BIOLOGICA VIVA E INNERVATA DI UN’IRA LENTISSIMA E DETERMINATA. UNO STRATO DI BITUME TUTTO SOMMATO SOTTILE, SOPRA UNA MASSA DI VITA PRIMORDIALE”.
di Antonello Costa
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