In questo libro (G. Trautteur, Il prigioniero libero, Adelphi 2020), che io cito – e sul quale elaboro parte della trama – nel mio romanzo “Passeggiata nella notte” (Milano 2022), si discute se possa esistere o meno il libero arbitrio.
Si conclude che, se esiste il libero arbitrio, allora non esistono le leggi di natura (come le conosciamo); ma poiché, pur convinti che non esista il libero arbitrio (con conseguenze che è meglio tralasciare sull’assetto della nostra civiltà e società), abbiamo esperienza quanto meno dell’illusione del libero arbitrio, innegabile, si viene a terminare in questa impasse: non possiamo negare il totale determinismo delle azioni umane, ma nemmeno dimostrarlo (né accettarlo).
“Se la mente, tramite il cervello, ha la facoltà di indirizzare il corso dell’Universo in una specifica direzione tra due o più direzioni ipoteticamente possibili, ciò significa che occorre rivedere cos’è una legge di natura. Ci sarebbe una fondamentale e ancora sconosciuta connessione tra coscienza, volontà e natura ultima della materia.
Se il cervello è un meccanismo operante secondo le leggi di natura come le conosciamo, la mente – la coscienza – è bloccata ad essere un mero astante dell’accadere delle azioni del soggetto e della totalità della storia umana.
È questa l’impasse del libero arbitrio.
Allungare la mano per prendere un bicchiere d’acqua potrebbe coinvolgere l’intero universo”.