Consapevolezza e imprevedibilità

Un algoritmo è una serie di istruzioni prestabilite a fronte di una casista di eventi possibili. Per funzionare ha bisogno di trovarsi in un sistema fondamentalmente chiuso, cioè non passibile di insondabili varianti.

Un essere umano funziona, a un certo livello, secondo algoritmi instillati dal sistema di valori della società di appartenenza: è per questo che sussistono pregiudizi verso le persone relativamente agli ambienti di provenienza: perché i loro comportamenti – in mancanza di una maggiore consapevolezza – saranno automaticamente regolati in base a tali, introiettati e inconsapevolmente accettati, “algoritmi” morali e comportamentali.

Tutto ciò che può salvare l’essere umano dal venire manipolato e “settato” come una macchina è la consapevolezza di contenere – almeno per certe parti del proprio funzionamento come “macchina sociale” – questa predeterminazione da una parte, e dall’altra l’imponderabile che ancora sovrasta la realtà umana (Dio?).

Esserne consapevoli porta a uscire dal relativo frame (cornice) e a operare in forma “meta” (almeno fino a un certo punto), in modo tale da manipolare consapevolmente se stessi e fare di se stessi ciò che si desidera, piuttosto di essere manipolati costantemente e inconsapevolmente da altri e dalla società intera (o dai gruppi di potere in essa).

Divenire consapevoli dei propri “automatismi” e dell’imponderabile della realtà non è depressivo: è libertà possibile.

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