Lungo argini di carne nel soffio d’acciaio
esalano i nutrimenti e placano l’ordito
del cielo scadente.
Non tutti gli dei svanirono in loro stessi
nel bagliore della solitudine meccanica
nelle ripide assenze tra le rocce
nel cemento armato e tra le reti
senza materasso e lavatrici
il portello aperto tra fili d’erba
alcuni tornarono e abitarono ancora
nella schiena dei vivi tra le scapole
rannicchiati sui pensieri più tristi
nel gocciolare eterno del rubinetto
nella goccia in gola e che scava
l’infinito ritorno che disseta la guerra.
Non c’erano tempi prima dei tempi e tutto
prima dei numeri non aveva numero
ma essenza. Poi gli dei vollero
stupidamente essere senza se stessi
ma altrui
nella viltà della potenza.
Noi possiamo ancora
liberarci di loro.
(26/01/2024)